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Trento, 22 marzo 2021
LA BATTAGLIA SUL CENSIMENTO 1981 DI NUOVA SINISTRA/NEUE LINKE
Intervista a Marco Boato di Maurizio Ferrandi

La battaglia sul censimento da parte di Nuova Sinistra/Neue Linke prende le mosse dalla campagna elettorale per le elezioni regionali/provinciali del 1978. Si salda allora anche l’alleanza con i Radicali. Quali ne furono i presupposti politici?

La formazione della lista elettorale di “Nuova Sinistra/Neue Linke” in Alto Adige/Südtirol e della parallela “Nuova Sinistra” in Trentino nacque inizialmente da un incontro a Trento tra Marco Pannella e me.

Tra il precedente movimento di “Lotta continua” (e omonimo quotidiano) e il Partito radicale degli anni ’70 del secolo scorso, pur con storie e impostazioni politico-culturali molto diverse, si era instaurato un dialogo molto intenso soprattutto sui diritti civili, del quale fummo sicuramente tra i protagonisti anche Alexander Langer e io, ma che coinvolse, da una parte, molti dirigenti del Partito radicale di allora e, dall’altra, molti esponenti del gruppo dirigente nazionale di Lotta continua, a cominciare da Adriano Sofri.
Questo dialogo suscitò molte occasioni di convergenza e di collaborazione reciproca. Ricordo, ad esempio, iniziative comuni contro il Concordato fascista, nella campagna referendaria del 1974 contro la richiesta di abrogazione del divorzio, introdotto nella legislazione italiana soltanto nel 1970 con la legge Fortuna-Baslini, un comune impegno nella raccolta delle firme per numerose iniziative referendarie del Partito radicale e nelle successive campagne referendarie. Ricordo anche che per un certo periodo l’allora testata radicale di “Liberazione” venne di comune accordo pubblicata e diffusa come inserto del quotidiano “Lotta continua”. E, dopo le elezioni regionali/provinciali in Trentino-Alto Adige/Südtirol del 1978, nel 1979 tre esponenti provenienti da Lotta continua – Pio Baldelli, Mimmo Pinto e io stesso – venimmo candidati ed eletti alla Camera dei deputati nelle liste del Partito radicale, alla sua seconda legislatura, dopo il primo ingresso in Parlamento del 1976.

Nella primavera del 1978, Marco Pannella e altri esponenti del Partito radicale avevano partecipato alle elezioni comunali di Trieste. E, all’inizio dell’autunno successivo dello stesso 1978, Marco Pannella venne a Trento a parlare con me di una possibile comune iniziativa elettorale appunto per le elezioni ragionali/provinciali nel Trentino-Alto Adige/Südtirol. In quel periodo, Alexander Langer era ancora impegnato a Roma, sia nella redazione del quotidiano “Lotta continua”, sia come docente (negli anni 1975-1978) nel XXIII Liceo scientifico alla periferia della capitale.

Nel colloquio con Marco Pannella, io proposi che l’ipotizzata iniziativa elettorale, fatta di comune accordo tra gli ex-militanti e dirigenti di Lotta continua e gli esponenti regionali del Partito radicale, assumesse la denominazione di “Nuova sinistra”. E proposi che, ad assumere tale iniziativa nella Provincia autonoma di Bolzano, venisse invitato e sollecitato Alexander Langer, sicuramente la figura più significativa e rappresentativa del mondo “alternativo” sudtirolese dell’epoca.

Marco Pannella e io, dalla stanza del suo albergo a Trento, allora telefonammo insieme ad Alexander Langer a Roma, illustrandogli questa prospettiva di impegno comune e chiedendogli di lasciare Roma e di tornare al più presto possibile a Bolzano. Langer, nell’agosto precedente, aveva partecipato a Brunico/Bruneck al funerale del giovane poeta sudtirolese Norbert C. Kaser, dove aveva vissuto una triste esperienza, verificando di persona “la dispersione e l’impotenza di tante persone che ai miei occhi rappresentano il meglio di questa terra” (come scrisse poi, nel 1986, nella sua breve autobiografia pubblicata sulla rivista “Belfagor”).

Fu probabilmente questa la prima motivazione che indusse Langer ad accettare il nostro invito e la nostra proposta. Poco dopo, quindi, rientrò in Alto Adige/Südtirol e, come era sempre suo costume umano e metodo politico, si consultò con una larga cerchia di amici e di conoscenti, per verificare la possibile condivisione di questa iniziativa elettorale, mirante per la prima volta a dare una rappresentanza politico-istituzionale al mondo “alternativo” sudtirolese, sia di madrelingua tedesca sia di madrelingua italiana (oltre che ladina).

Nacque così il processo di formazione della lista bilingue “Nuova Sinistra/Neue Linke”, in parallelo con l’analoga lista “Nuova Sinistra” per la Provincia autonoma di Trento. Nella campagna elettorale, sia in Trentino sia in Alto Adige/Südtirol, ci fu quindi un forte impegno, a sostegno delle due liste, da parte di tutti i principali esponenti del Partito radicale di allora.

Proprio dalla convergenza, ovviamente non esclusiva, sulle tematiche dei diritti civili, prese poi origine - soprattutto su iniziativa di Alexander Langer, ma insieme a molti altri (tra cui Reinhold Messner, col quale aveva stretto una forte amicizia) – la campagna contro il censimento “nominativo” introdotto per la prima volta per il 1981 da una norma di attuazione varata in modo semi-clandestino in piena estate, a fine luglio del 1976 (all’epoca, i lavori della “Commissione dei sei” avevano scarsa o nulla pubblicità e trasparenza).

Si sviluppò così per molti mesi la campagna contro le “schedature nominative”, le “gabbie etniche”, addirittura le “nuove opzioni” (termine che richiamava una delle vicende più drammatiche e più “rimosse” nella storia dell’Alto Adige/Südtirol): una campagna che diede vita a documenti scritti e a numerose iniziative pubbliche, e che coinvolse molte centinaia, forse migliaia, di cittadine e cittadini, a cominciare da quelli appartenenti alle famiglie “miste”, già allora abbastanza numerose.

Lei sostenne praticamente da solo il peso della posizione di Neue Linke/Nuova Sinistra nel dibattito dell’ottobre 1981 alla Camera dei deputati. Cosa ricorda di quei giorni?

In precedenza, io – che dal 1979 ero stato eletto deputato come indipendente nelle liste del Partito radicale, come ho già ricordato – avevo assunto una iniziativa istituzionale, su richiesta e sollecitazione di Langer. Avevo chiesto al presidente della “Commissione dei sei”, Alcide Berloffa, di poter avere con lui e con l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, on. Pier Giorgio Bressan (un politico dc friulano, “moroteo” come lo stesso Berloffa a Bolzano e Bruno Kessler a Trento), un colloquio riservato con la partecipazione di Alexander Langer.

Berloffa accettò la mia richiesta, Langer venne a Roma e insieme andammo a Palazzo Chigi a parlare con il sottosegretario Bressan. Fu un incontro molto lungo, nel corso del quale Langer espose, pacatamente ma fermamente, tutte le sue (e nostre) obiezioni contro la “dichiarazione di appartenenza etnica nominativa” prevista per il censimento dello stesso 1981. Langer fu ascoltato con rispetto e, come ho detto, molto a lungo. Ma le obiezioni di Berloffa furono tali (e con lui dell’on. Bressan, sia pure più defilato), da farci capire che ormai, come si dice, “i giochi erano fatti”, e che non c’era alcuno spiraglio per modificare o attenuare l’impatto sulla popolazione altoatesina-sudtirolese di quelle norme infauste, sulle quali la Dc e il Governo avevano assunto un accordo “di ferro” con la Svp di allora.

D’accordo e su ispirazione di Langer, come deputato radicale presentai una serie di interpellanze al Governo, mettendo in luce tutti gli aspetti inaccettabili dell’impostazione esclusivamente “etnica” di alcune norme statutarie e, in particolare, della norma di attuazione del luglio 1976, che aveva per la prima volta introdotto il censimento etnico “nominativo” (e non anonimo, come avrebbe dovuto essere qualunque censimento e come, comunque, era sempre stato fino al censimento del 1971).

Ovviamente furono allora presentate anche altre interpellanze da parte di altri Gruppi parlamentari, e in particolare da parte della Svp, su iniziativa dell’on. Roland Riz, che era allora presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati. Credo per la prima e unica volta nella storia parlamentare, quelle interpellanze diedero vita ad un dibattito alla Camera dei deputati che durò addirittura tre giorni. Fu un dibattito quindi molto lungo e per alcuni aspetti drammatico, che io sostenni dopo essermi preparato rigorosamente e meticolosamente, anche sulla base di un ampio materiale documentario che mi aveva inviato Alexander Langer.

Nella tribuna degli ospiti, assistettero a tutto quel dibattito alcuni esponenti della “Nuova Sinistra/Neue Linke” dell’Alto Adige/Südtirol - guidati dalla indimenticabile Andreina Emeri -, i quali rimasero entusiasti delle mie argomentazioni, ma anche sgomenti per la totale chiusura politica che si manifestò rispetto alle nostre posizioni critiche, che io avevo rappresentato nell’aula della Camera con tanta determinazione.
Devo dire, per lealtà, che qualche tempo dopo l’on. Roland Riz, col quale ho sempre mantenuto privatamente un rapporto cordiale e di rispetto reciproco (anni dopo anche al Senato, di cui entrambi facemmo parte nella decima legislatura), mi riconobbe il rigore con cui avevo sostenuto le nostre argomentazioni, dicendomi tuttavia che lui stesso non avrebbe potuto derogare in alcun modo dalle tesi contrapposte del suo partito, la Svp.

Si è sempre sostenuto che larga parte del mondo politico italiano avesse sul censimento etnico le stesse riserve che avanzavate voi, ma che l’accordo con la SVP che aveva portato al nuovo Statuto impose di respingere le vostre posizioni. I contatti personali che Lei aveva confortano questa teoria?

Non solo in parte del mondo politico italiano, ma anche in una minore parte di quello tedesco, e soprattutto tra molte cittadine e cittadini di entrambi i gruppi linguistici e delle famiglie “miste”, appartenenti semplicemente alla società civile altoatesina-sudtirolese, ci fu attenzione e condivisione per quell’impegno contro le cosiddette “gabbie etniche”. Ma, nel mondo politico, questa attenzione e spesso anche condivisione furono sacrificate sull’altare dello stretto e allora indissolubile rapporto con la Svp, che nel 1969 aveva prodotto il cosiddetto “Pacchetto” e che nel 1971-72 aveva portato alla approvazione del secondo Statuto di Autonomia.

Tuttavia, la norma sul “censimento etnico nominativo” non era (e non è) contenuta nelle disposizioni del nuovo Statuto, approvato con legge costituzionale in Parlamento nel 1971 ed entrato in vigore nel 1972. Quella norma, come già ricordato, venne introdotta, su proposta della “Commissione dei sei” presieduta da Alcide Berloffa, alla fine del luglio 1976, quando venne in piena estate pubblicata sulla “Gazzetta ufficiale” della Repubblica.

Fu discussa in particolare la posizione del PCI. Quali erano su quel tema i rapporti con i comunisti?

Purtroppo, da parte della dirigenza ufficiale del Pci di allora, c’era una forte ostilità nei confronti di Alexander Langer e della lista “Nuova Sinistra/Neue Linke”, che lui rappresentava nel Consiglio provinciale di Bolzano, e ovviamente anche nel Consiglio regionale, dapprima con l’avvocato Sandro Canestrini, eletto con “Nuova Sinistra” in Trentino, a cui, a seguito delle sue dimissioni pochi mesi dopo, subentrò Sandro Boato, che con Langer ebbe sempre una strettissima collaborazione e sintonia.

Tuttavia, nel Pci di allora c’era anche Grazia Barbiero, eletta consigliera provinciale e regionale, che con Langer ebbe stretti rapporti di amicizia e di collaborazione, in palese dissenso col suo partito. E Grazia Barbiero aveva parlato positivamente della figura e del ruolo di Langer anche con il segretario generale del Pci a livello nazionale, Enrico Berlinguer, e su sua proposta venne poi eletta segretaria provinciale del Pci di Bolzano. Su tutte queste vicende, Grazia Barbiero ha scritto recentemente il libro “Scenari in movimento”, pubblicato nel maggio 2021 dalle edizioni Raetia.

La vostra fu una grande battaglia sui principi. Quanto può essere soddisfacente, alla luce delle vostre posizioni di allora, la soluzione che si è via via trovata per depotenziare il censimento etnico nominativo senza tuttavia abolirlo del tutto?

Non c’è dubbio che – grazie al segno profondo che l’impegno di Alexander Langer, e di tutti coloro che l’hanno condiviso con lui, ha lasciato nella realtà civile e politica altoatesina-sudtirolese a proposito del censimento etnico nominativo – quelle norme sono state poi in parte attenuate e depotenziate. Non posso tuttavia dimenticare che, a seguito della sua obiezione di coscienza con la mancata dichiarazione di appartenenza etnica sia nel 1981 che nel 1991, a Langer fu poi impedito di tornare ad insegnare negli istituti superiori dell’Alto Adige/Südtirol. E, dopo il 1991, gli fu addirittura impedito nel 1995 di candidarsi sindaco, con la lista civica “Cittadini/Bürger”, per le elezioni del Consiglio comunale di Bolzano.

Eppure in precedenza Langer, nelle successive elezioni provinciali/regionali del 1983 e del 1988 (nelle quali era stato eletto per la seconda e terza volta), aveva sempre accettato di rendere una dichiarazione “ad hoc”, dichiarandosi intenzionalmente “ladino”, per garantire il più piccolo e il più debole dei tre gruppi linguistici.

La sua forzata e illegittima esclusione dalla campagna elettorale comunale di Bolzano del 1995 lo ferì profondamente: per questa esclusione non poté candidarsi +nella sua terra, dove era stato eletto per tre volte nel Consiglio provinciale/regionale e dove per due volte era stato eletto con i Verdi al Parlamento europeo, quando era diventato anche co-presidente (con Claudia Roth) del Gruppo parlamentare dei Verdi europei di allora. Come tutti sanno, poco dopo questa illegittima esclusione, Alexander Langer pose termine volontariamente alla sua vita il 3 luglio 1995.

 

 

  Marco Boato

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